giovedì 30 gennaio 2014

La Zobia di Fiorenzuola d'Arda, tra scherno e scherzo

di Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it 

Un angelo con la barba sorride, mentre due elefanti in bicicletta danno la caccia a qualche strano animale. I colori esplodono per strada, insieme a beffe e musica. Fiurinsola si prepara a festeggiare il suo Carnevale, figlio del Medioevo ed erede della più importante festa popolare della zona.

Fiorenzuola d'Arda, comune italiano di quindicimila abitanti della provincia di Piacenza, ogni anno fa da calamita ai turisti vicini e lontani con la Zobia, il tradizionale Carnevale organizzato da associazioni e cittadini. Si tratta di un momento di forte aggregazione per gli zobiari, pronti a mascherarsi e ad assumere nuove identità. 

Il termine Zobia deriva dal latino iovia, giovedì, con allusione al giovedì grasso. In epoca tardo-medievale, i festeggiamenti rappresentavano un’occasione per schernire in maniera scherzosa la locale comunità ebraica, oggi scomparsa. La zobia - tradizionalmente la maschera della vecchia o della strega - a Fiorenzuola richiamava la figura dell'ebreo.

Le origini scavano nel tempo, quando i fantocci trasportati da un finto e buffo corteo funebre venivano bruciati per allontanare mali e malocchi. Anticamente il capro espiatorio era un condannato a morte, spesso ebreo, accusato di discendere da coloro che avevano ucciso Gesù. 

Nel Carnevale romano, la condanna a morte venne sostituita da un palio in cui si facevano correre ebrei nudi o con qualcuno sulle spalle. Era la cosiddetta giudiata, termine che richiama chiaramente la parola giudeo. La parodia bonaria prese, poi, il posto della gara. 

Esistono ancora indizi che proverebbero il collegamento della Zobia di Fiorenzuola con la figura dell'ebreo canzonato. Regola primaria dei festeggiamenti è quella di mascherarsi con materiale povero, come abiti vecchi, cenci, accessori usati. Un riferimento velato alla strazzeria, o commercio e compravendita degli stracci, di cui si occupavano gli ebrei della comunità locale. Sembra che il ceto povero del paese non vedesse di buon occhio questi ricchi mercanti, che, nel Settecento, controllavano l'industria tessile della zona. Fu proprio in quel periodo che venne vietata ogni manifestazione ingiuriosa contro gli ebrei, forse per evitare azioni violente.

Con il tempo, l'elemento offensivo è scomparso, lasciando il posto al semplice desiderio di divertirsi e di condividere un momento di festa. L'improvvisazione e le scenette fanno da sfondo all'allegria. E gli scherzi abbondano, dato che i travestimenti camuffano bene i volti.

Per informazioni sul Carnevale della Zobia di Fiorenzuola, cliccare qui oppure qui.

Terre Nomadi ringrazia Marco Cavallini, autore delle fotografie.



Colonna sonora: Camille Saint-Saëns, Le carnaval des animaux











































lunedì 27 gennaio 2014

A 69 anni dalla follia umana, per non dimenticare

di Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it


Il tempo è l'unico funambolo che riesce a percorrere il filo sottile della riflessione. Il 27 gennaio di 69 anni fa vennero abbattuti i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia. La persecuzione di un intero popolo grida ancora disperazione perché non bastano due colpi di spugna per cancellare la follia umana. La storia parla chiaro, insieme a documenti e testimonianze. Milioni di ebrei, resi schiavi senza resa dall’idea di una purificazione mondiale, hanno pagato con la vita la sete di potere.


Il dito del mondo puntato contro la Germania, costruttrice colpevole della macchina della vergogna, non può cancellare gli interrogativi. Perché non è stato fatto nulla nel 1935, anno dell’approvazione delle leggi di Norimberga, e nel 1938, data di emanazione delle leggi razziali in Italia? Sfogliando le pagine del passato, risulta facile provare come gli ebrei non abbiano conosciuto tregua nemmeno quando Israele, con Pompeo, divenne provincia romana. Roma riconobbe e rispettò il monoteismo di questo popolo, ma ne contrastò la ricerca di autonomia con la diaspora di Tito, nel 70 d. C. E durante il Medioevo, gli ebrei furono perseguitati e tacciati di usura. I cristiani li definirono traditori di Cristo perché avevano preferito Barabba al Messia. Con le Crociate, la situazione peggiorò. Solamente il Concilio di Trento, nel 1563, cancellò l’accusa agli ebrei di deicidio. Ma, nel 1855, Joseph Arthur de Gobineau, nel «Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane», contrappose alla razza semita, considerata inferiore, quella ariana.


Nel Mein Kampf, Adolf Hitler scriveva che «il primo compito della Germania non è quello di creare una Costituzione nazionale, ma quello di eliminare gli ebrei. Si pensi - aggiungeva - alle devastazioni che l’imbastardimento giudaico appresta ogni giorno al popolo nostro. Un popolo di razza pura, che è cosciente del suo sangue, non sarà mai assoggettato dall’ebreo».


E mentre la sua mente progettava e attuava lo sterminio, la penna di Anna Frank, tredicenne ebrea costretta a nascondersi in Olanda con la famiglia, si sfogava con un diario, Kitty. «È un gran miracolo - le parole fanno eco tra le pagine - che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto. Continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo».


Oggi è necessario ricordare per non ripetere più gli errori della Shoah. Le armi dello sterminio mutano, ma restano comunque armi, pronte ad annientare la vita e la dignità. La solitudine, i pregiudizi, le guerre, la fame, le malattie, i viaggi della speranza degli immigrati su imbarcazioni di fortuna che diventano strumenti di tortura, il fantasma della disoccupazione… sono tutti potenziali campi di concentramento della disperazione umana. 

Le vittime della mafia e di una società che non sa più ascoltare, i bambini a cui vengono negati i diritti, i poveri in cerca di una solidarietà ormai avara… tutti mostrano il volto segnato dei prigionieri di Auschwitz.


Oggi più che mai la riflessione non ruba tempo alla frenesia della quotidianità, ma le restituisce un briciolo di senso. Quanto basta per rivalutare ciò che è davvero importante. Perché non siamo numeri. Siamo uomini.

Cliccando qui, si può visitare il Museo della Shoah, un centro di documentazione on-line sull'internamento e la prigionia come pratiche di repressione messe in atto dallo Stato italiano nel periodo che va dalla presa del potere da parte di Benito Mussolini (1922) fino alla fine della seconda guerra mondiale (1945). Sono catalogati i luoghi della memoria in Italia. La sezione documenti contiene un elenco di libri, film e siti internet riguardanti la Shoah.

Colonna sonora: Clint Mansell, Lux aeterna

















 

giovedì 23 gennaio 2014

Puglia, Altamura in nome delle origini

19 gennaio 2014
Gentile redazione di Terre Nomadi,
in queste pagine virtuali leggiamo tantissimi reportage sull'Abruzzo. Come mai gli articoli sulla Puglia scarseggiano, nonostante l'ideatrice del blog sia di Altamura, una bella città della provincia barese? Non bisogna mai rinnegare le proprie origini.
G. C.

di Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it

Altamura (Ba), Cattedrale
© Ivano D'Ortenzio
Ho incontrato per la prima volta Altamura all’età di tre anni. Ricordi sfumati dal tempo trascorso. Quando si è piccoli, tutto assume la parvenza di una meravigliosa avventura. Non potevo immaginare che sarebbe diventata la mia città. Ed, invece, strade, piazze, edifici e monumenti fanno ormai parte di una quotidianità da cui risulterebbe difficile separarmi definitivamente. Spesso il lavoro costringe a portare la valigia altrove. Nei mie bagagli, Altamura non manca mai.

Altamura (Ba), centro storico © Anna Maria Colonna
Corso Federico II di Svevia ha un aspetto diverso a seconda delle stagioni. In estate, il silenzio imbevuto di sole si tinge delle voci e degli scatti fotografici dei visitatori. Soprattutto nelle prime ore del pomeriggio, quando la Cattedrale sembra addormentarsi fra le braccia di piazza Duomo. In inverno, la pioggia lava quel cuore di pietra senza cancellare i segni del passato. Ed il vento entra in punta di piedi da Porta Matera per danzare al ritmo della libertà nelle principali piazze del centro storico. 

Ci sono angoli di Altamura che continuano a suscitare involontarie emozioni perché legati a particolari ricordi. Le passeggiate lungo viale Martiri e la sosta obbligata presso la cosiddetta Rotonda. Piazza Stazione, luogo di ritrovo per tanti giovani e punto di incontro degli studenti pendolari. I claustri, labirinti da esplorare durante l’età dei giochi, quando ci si accontenta di poco per sorridere. Il verde di Piazza Zanardelli, sfondo di interminabili chiacchierate adolescenziali. La scalinata del liceo classico Cagnazzi, testimone di gioie e dolori scolastici. L’Archivio biblioteca museo civico, fonte di nuove amicizie e compagno di viaggio negli anni universitari. E il profumo di caldarroste che ancora avvolge l’aria autunnale, mentre i vetri appannati delle finestre richiamano odori e sapori d’altri tempi. I silenzi di pietra della Murgia all’imbrunire.

Altamura (Ba), impronta di dinosauro a cava Pontrelli
© Anna Maria Colonna
La città è storia dell’uomo che l’ha vissuta. Di ogni uomo. Può destare meraviglia anche quando si pensa di conoscerla a fondo. Non è mai troppo, soprattutto se bisogna barattarla per qualche tempo con una città d’adozione. Sono questi i momenti più preziosi perché parlano di nostalgie e di legami solidi con la propria terra. E non è mai troppo tardi per scoprire aspetti ignoti, inesplorati o semplicemente trascurati. Dalla conoscenza scaturiscono amore e rispetto.

La storia di ciascun paese è l’insieme di tante esperienze che si avvicendano. Il ritmo frenetico della quotidianità impedisce di notare particolari che vanno oltre la superficie. Eppure basta poco per innamorarsi nuovamente di Altamura. È necessario tornare ad incontrarla ogni giorno agli angoli delle strade e nei volti degli anziani, tesori più preziosi dell’oro stesso. Sono i custodi di tradizioni destinate, altrimenti, a scomparire. Sguardi attenti possono far rivivere dettagli dimenticati. Non resta che munirsi di una buona dose di entusiasmo e di curiosità. Il resto viene da sé.

Altamura - video dell'associazione Enjoy Altamura


 Propongo un articolo scritto per La Gazzetta del Mezzogiorno e pubblicato il 31 luglio 2013.

Altamura (Ba), centro storico © Anna Maria Colonna
Il centro storico è chiazzato di luce. Vecchie pietre fanno ombra agli squarci di cielo che si affacciano tra i vicoli. E i claustri fioriscono al tocco della fantasia cittadina, che ha addobbato le tipiche piazzette altamurane di piante colorate. Al posto delle sedie che di sera riunivano intere famiglie, ora ci sono vasi e installazioni. Ma il profumo di pane riporta i passi indietro, insieme alla voce degli abitanti, nastro di memorie dei luoghi vissuti. Il passato riprende vita, mentre il volo dei falchi grillai taglia lo sfondo lungo di corso Federico II di Svevia. 

Si presenta così, in estate, il cuore antico di Altamura. Un volto segnato dalle rughe, ma sempre giovane agli occhi di chi lo conosce. Un volto da scrutare con attenzione, cartina alla mano, agli occhi di chi lo scopre per la prima volta. Ogni angolo può offrire qualcosa di nuovo. Palazzi storici e chiese minori. Piazze e stradine labirintiche. Cambiano le prospettive e cambia la luce. Intensa su piazza Castello e su piazza Duomo, centro pulsante della movida cittadina, con l’imponente Cattedrale federiciana che si staglia sullo sfondo. Meno decisa nelle viuzze, che ospitano una manciata di bed and breakfast e di trattorie. 

Altamura (Ba), pane © Anna Maria Colonna
Nel gioco ad incastro dei vicoli, forni centenari e panifici sistemano sui banconi souvenir da assaggiare. Accanto ai taralli e alla tipica focaccia alla «chianca», non manca mai il pane, «cappello d'oro» della Murgia, famoso in tutto il mondo e ricercato dai turisti che passano dalla città. Atmosfere al sapore di grano. Conosciuto come «u sckuanète» per la sua forma «accavallata» e alta - o a «cappidde de prèvete», a «cappello di prete», per quella più bassa - il pane di Altamura è fatto di rimacinato di semola di grano duro locale. Dal 2003 si fregia del marchio Dop, che lo tutela dalle imitazioni. Non solamente prodotto da forno. Qualcuno lo ha trasformato in cioccolatino, qualcun altro in gnocchetti o in portachiavi. Fritto, resta il sapore principale di un piatto di orecchiette alle cime di rapa. Genuinità del ricettario della nonna.


Altamura (Ba), Pulo © Anna Maria Colonna
Pochi chilometri e Altamura mostra il lato verde della medaglia, quello preferito dagli amanti della natura. Quando la luce del giorno cala senza spegnersi, il Pulo, nel cuore del Parco nazionale dell’Alta Murgia, si lascia avvolgere dal silenzio solitario delle contrade di campagna. La dolina carsica, scavata in profondità nella roccia calcarea, è puntellata di grotte e coperta di vegetazione. Ogni primavera offre lo spettacolo inedito delle orchidee selvatiche. Contrasto di colori con il bianco sporco dei muretti a secco. Sulla strada provinciale 157 per Quasano, il centro visite «Uomo di Altamura» fa da ingresso virtuale alla grotta di Lamalunga, un inghiottitoio carsico che custodisce lo scheletro integro di Ciccillo, il cacciatore neandertaliano scoperto nel 1993. 















lunedì 20 gennaio 2014

Le cottore di sant'Antonio, fra Trasacco e Collelongo


annamaria9683@libero.it

Trasacco (Aq), cottora
© Lucio Morisi
 
Fiaccole dal profumo casalingo dei camini riscaldano i marciapiedi di Trasacco (Aq). È tardo pomeriggio, il freddo abruzzese pungola le cottore fumanti per avere un piatto caldo di cicerocchi. Bancarelle di dolciumi e di panini addobbano i crocicchi delle strade, ancora vestite di luci e di decori natalizi. Per la festa del 16 gennaio, dedicata a sant'Antonio abate, il paese non si lascia sfuggire nemmeno un particolare. I settemila abitanti di questo borgo della Marsica celebrano insieme l'eredità del tempo. Poche luci restano accese nelle abitazioni. Tutti passeggiano per strada, guidati dalla musica e dagli odori buoni della tradizione. Sembra una serata di fine estate, sebbene l'inverno abbia da poco messo piede nell'anno nuovo. 

Trasacco (Aq), mascaritte © Lucio Morisi
Qualcuno si ferma e aspetta i mascaritte, il gruppo di cittadini mascherati che rievoca la lotta tra il diavolo e sant'Antonio, salvato dall'arcangelo Michele. Nel corteo popolare spiccano i bellarridere, due uomini che vestono i panni di moglie e marito. In passato, alcuni ragazzi erano soliti inscenare la battaglia tra il bene e il male andando di casa in casa e ricevendo, in cambio, formaggio, salami e manciate di spiccioli. Usanze e rituali rurali consegnano al presente il folklore di questa intensa giornata, che chiuderà i battenti a notte inoltrata.

Trasacco (Aq), piazza Umberto I © Lucio Morisi
Sacro e profano confondono gli orizzonti e i confini. Gli altarini con l'immagine del Santo hanno cornici di arance, frutto tipicamente invernale. Il vin brulé colora i bicchieri e non passa inosservata una schiera di dolci  preparati dalle famiglie del paese e distribuiti gratuitamente. Sul fuoco, grossi pentoloni in rame sbuffano nell'aria gelida, bollendo per ore chicchi di granoturco. Sono le quattordici cottore del paese, condite con la cordialità tipica degli abruzzesi. Spicca quella grande del gruppo degli alpini, in piazza Matteotti. Le luci del giorno abbracciano la sera con la cottora sotto le stelle, gara podistica a scopo benefico. Ai piedi del Monte Alto, affacciata sulla piana del Fucino, svetta la vecchia torre bizzarra e pittoresca, quadrata alla base ma tonda alla sommità. Essa - scriveva l'artista inglese Edward Lear - domina l'ampio lago, con lo sfondo del Velino in lontananza.

Collelongo (Aq), cottora © Anna Maria Colonna
La nebbia ovatta il paesaggio, mentre sta per accendersi la festa anche a Collelongo (Aq), paese di circa millecinquecento abitanti ad una manciata di chilometri da Trasacco. Qui il Santo protettore degli animali viene omaggiato fino all’alba del 17 gennaio. La parola d’ordine è ospitalità. La gente del posto apre le porte delle proprie abitazioni per offrire un piatto di cicerocchi bollenti a vicini e visitatori. Semplicemente acqua, sale e granoturco girato con enormi cucchiai in legno. I pentoloni in rame fumano su treppiedi sistemati nei camini e non per strada. Le case, addobbate con spighe, arance, uova e frutta secca, diventano luoghi di un’aggregazione semplice e genuina, proprio come succedeva in passato.

Collelongo (Aq), casa del tempo © Anna Maria Colonna
La fiamma che arde su due torcioni posti nelle piazzette del paese apre le danze dei festeggiamenti. Originariamente erano tronchi di quercia cavi riempiti con legna secca, fiaccole giganti che continuano a fare luce sulla processione dedicata a sant'Antonio. Ogni cottora ha un nome. C’è quella degli amici e dei vicoli degli ebrei, la casa del tempo, con gli abiti da sposa della nonna e le bambole di pezza a fare da guida. E mentre qualcuno intona la tradizionale canzone del Santo, qualcun altro racconta delle rescagnate. Alle sei del mattino del 17 gennaio, da ogni casa in cui è avvenuta la cottura del granoturco, esce una giovane «rescagnata», cioè vestita con il costume tradizionale appertenuto addirittura alla bisnonna. Ogni ragazza porta in testa un vaso di rame - la conca - abbellito con nastri e fiori e contenente i cicerocchi da offrire al Santo. Da qualche anno le conche e i costumi migliori vengono premiati.

La nebbia lascia il posto al fumo dei camini accesi e al profumo di lunghe tavolate imbandite. Il gusto della tradizione parla un linguaggio senza fronzoli. Quello silenzioso e instancabile della memoria.

Terre Nomadi ringrazia Americo Montanaro, assessore alle politiche sociali e all'urbanistica del Comune di Trasacco e presidente della sezione Unione italiana ciechi e ipovedenti della provincia aquilana. Guida fondamentale per la stesura di questo reportage.

Colonna sonora: John Legend, This time



Trasacco (Aq), piazza Umberto I © Lucio Morisi
Trasacco (Aq), mascaritte © Lucio Morisi
Trasacco (Aq), mascaritte © Lucio Morisi
Trasacco (Aq), mascaritte © Lucio Morisi
Trasacco (Aq), mascaritte © Lucio Morisi
Trasacco (Aq), alpini all'opera © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), cicerocchi © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), il gruppo degli alpini © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), cottora © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq) in festa © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), odor di vino © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), dolci preparati dalle famiglie © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), festa © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), angoli dedicati a sant'Antonio Abate © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), festa e castagne © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), chiesa dei santi Cesidio e Rufino © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), cottora in piazza Umberto I © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), mascaritte © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), mascaritte © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), mascaritte © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), mascaritte © Anna Maria Colonna
Trasacco (Aq), mascaritte © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), la cottora degli amici © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), la cottora degli amici © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), la cottora dei vicoli degli ebrei © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), tra i vicoli © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), anche gli animali in festa © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), anche gli animali in festa © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), cottora i vicoli degli ebrei © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), cottora i vicoli degli ebrei © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), cottora i vicoli degli ebrei © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), cottora i vicoli degli ebrei © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), cottora i vicoli degli ebrei © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), cicerocchi © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), la preparazione dei cicerocchi © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), torcione in piazza © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), la casa del tempo © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), nella casa del tempo © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), nella casa del tempo © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), nella casa del tempo © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), nella casa del tempo © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), nella casa del tempo © Anna Maria Colonna
Collelongo (Aq), la canzone di sant'Antonio © Anna Maria Colonna