lunedì 27 ottobre 2014

Il mare di pietra. Eolie o i 7 luoghi dello spirito

di Anna Maria Colonna
terrenomadi@gmail.com

Meta privilegiata di migliaia turisti, set cinematografico di numerosi film, l’arcipelago delle Eolie rappresenta, per l’uomo moderno, la possibilità di estraniarsi dal mondo per viverlo in una dimensione irreale.
 
Panarea vista da Lipari © Anna Maria Colonna
Stromboli è rossa come i lapilli. Panarea è bianca come le case. Filicudi è blu come il mare che la circonda. Salina è verde come i vigneti. Vulcano è gialla come lo zolfo. Lipari è nera come l’ossidiana. Alicudi è marrone come i suoi muli.

Rileggo l’indice per cercare, in quei colori, le sfumature sbiadite dai mesi trascorsi. E torno indietro nel tempo, ad alcuni anni fa, quando il mare mi ha portata, per un giorno, fuori dal mondo. Le parole dipingono immagini fotografiche. Svegliano flash assopiti nei ricordi. Non credevo di rivederle nelle pagine di un libro. È la magia della scrittura, capace di trasportare innumerevoli passeggeri da un capo all’altro del mondo. Il viaggio costa pazienza, attenzione, immedesimazione. Pochi attimi e ti ritrovi lì, circondata da una distesa azzurra e cristallina, a decidere quale dei sette luoghi dello spirito visitare per primo.

Sono le isole Eolie raccontate da Francesco Longo nel suo libro Il mare di pietra. Una dichiarazione d’amore verso le gemme del Tirreno. Vive nel respiro marino che instancabilmente le culla. D’estate, quando la voce corale dei turisti rende il paesaggio giovane, vivace e dinamico. D’inverno, quando il silenzio di una temporanea solitudine restituisce a questi luoghi il battito regolare di un cuore adulto.


Se mai decideste di visitarle, uscite di casa all'alba e tornate in piena notte, percorretele tutto il giorno a piedi, senza fermarvi. Passate una notte all'aperto. E soprattutto cambiate isola di continuo, spostatevi quanto più potete. Perchè le Eolie sono sette e per sentire il loro racconto completo bisogna visitarle tutte e tornare e ritornare anche dove si è già stati.

Un invito, quello di Longo, che può essere interpretato anche come sfida e scommessa. Ritornare nei luoghi già visitati e riuscire a stupirsi ancora non è semplice per chi si ferma a ciò che appare immediato e visibile. Il segreto non è andare lontano. Il segreto è solamente andare oltre.

lunedì 20 ottobre 2014

Egnazia, l’Atlantide pugliese

di Anna Maria Colonna
terrenomadi@gmail.com

Egnazia, la città romana © Anna Maria Colonna
Orazio la definì «sospesa su una rupe battuta dalle onde del mare». Si tratta di Egnazia, antica città scomparsa le cui tracce sono visibili nei pressi di Fasano (Br). Il poeta latino, durante un viaggio da Roma a Brindisi compiuto nel 38 a. C., ebbe modo di ammirare quello che doveva apparire un centro molto vivace e dedito principalmente al commercio.

Mi ritrovo per caso davanti al cancello del parco archeologico, una finestra spalancata sul mare Adriatico. Varcare quella soglia significa concedersi al passato senza, però, tradire il presente. La misteriosa atmosfera che avvolge il luogo sembra aver dimenticato le fattezze del tempo. Resta lì, immobile, fondendosi con l’aria salmastra e fresca della sera. Tralascio la mia prima destinazione e decido di compiere un viaggio sui sentieri dell’Atlantide pugliese.

È semplice perdere la cognizione del tempo qui. Lo sguardo viene subito rapito dall’immensa distesa di ruderi lasciati da chi, questa città, l’ha vista nascere e crescere. La guida mi consiglia di visitare prima il parco archeologico, poi il museo, dove sono conservate le testimonianze storiche di Egnazia. Seguo il suggerimento e mi incammino verso la città romana. Sembra scolpita nella pietra. Cerco avidamente le informazioni trascritte sui pannelli sparsi nell’area. I romani occuparono il luogo a partire dal III secolo a.C. Gli scavi, cominciati nel 1912, hanno portato alla luce solamente una parte dei preziosi resti sepolti. Non mancano all’appello quelli della basilica civile con l'aula delle tre Grazie, del sacello delle divinità orientali, dell'anfiteatro, del foro.

Egnazia, la via Traiana © Anna Maria Colonna
I romani dovevano essere abbastanza socievoli, dal momento che le abitazioni appaiono addossate le une alle altre. A testimoniarlo sono le fondamenta. Mi diverto a cercare fra le rovine ciò che leggo sui pannelli informativi. Intravedo parte della via Traiana, il criptoportico e due basiliche paleocristiane, originariamente con pavimento a mosaico.

Egnazia, in realtà, racconta la sua storia sin dal XV secolo a. C., quando ospitava un villaggio di capanne. Nell’XI a.C. fu la volta degli Iàpigi, popolazioni provenienti dall’area balcanica, che, nell’VIII a.C., cedettero il posto ai Messapi. Messapica, infatti, è la misteriosa e insolita necropoli presente nel parco archeologico. Tombe a fossa e a semicamera si alternano a tombe a camera decorate con affascinanti affreschi. Ne visito una trattenendo il respiro. Alcune assumono l’aspetto di piccole vasche. La pioggia della mattinata suggerisce questa idea.

Egnazia, interno di una tomba a camera © Anna Maria Colonna
Il museo si rivela un contenitore di particolari. Nelle stanze dell’edificio sono conservati arredi funebri e testimonianze rinvenute durante gli scavi. Ad accogliere i visitatori, una mostra dedicata all’età del bronzo, itinerario scandito dagli abitati della costa adriatica pugliese nel II millennio a.C.

Il mio viaggio si conclude davanti al cancello del parco archeologico. Varcare quella soglia significa concedersi al presente senza, però, tradire il passato.


Colonna sonora: Tiromancino, Blu


Egnazia, parco archeologico, particolare © Anna Maria Colonna
Egnazia, la città romana © Anna Maria Colonna
Egnazia, la città romana © Anna Maria Colonna
Egnazia, necropoli messapica © Anna Maria Colonna