venerdì 14 settembre 2012

L'Aquila, pomeriggio in «zona rossa»

L'Aquila, «zona rossa»
L’Aquila. «Zona rossa», nel cuore del cuore della città. Tutto tace, tranne la pioggia. Penetra nelle crepe ben visibili sui muri dei palazzi. Si lascia tentare dalle finestre spalancate o senza vetri, da porte rimaste aperte chissà da quanto tempo. In questo angolo abbandonato del centro storico, l’erba continua a crescere fra le chianche delle strade. Le macerie, a distanza di tre anni dal sisma del 6 aprile 2009, sono ancora qui. Mostrano il «dietro le quinte» della ricostruzione. È il silenzio svelato da spazi chiusi al pubblico per via di una ferita troppo grande. La percezione dell'abbandono attraversa la pelle come l’acqua di un temporale di fine estate. Le impalcature si alternano ad edifici puntellati di sostegni in legno, immobili e muti. Sono stati messi in sicurezza, ma nessuno può attraversare la «zona rossa» senza il casco. I vigili del fuoco invitano alla prudenza e raccomandano di camminare al centro della strada. «Perché - dicono - qualcosa potrebbe ancora cadere». Fanno loro da guida nelle chiese frantumate dal terremoto e ancora chiuse in attesa di essere rimesse a nuovo. Ci vorrà molto tempo per restituire alla città i suoi pezzi di storia.


Pomeriggio in «zona rossa», i partecipanti
Siamo in tanti ad aver aderito a questo viaggio attraverso la zona più martoriata dal sisma. È stato organizzato nell’ambito del VI Congresso nazionale di archeologia medievale, ospitato a L’Aquila dal 12 al 15 settembre. E, in effetti, la maggior parte dei partecipanti è costituita da archeologi, architetti, studiosi. Appuntamento alla Fontana luminosa, caschi in testa e scarpe comode. Ma l’acquazzone ci sorprende quando il percorso è appena iniziato. Nonostante felpe, maglie e pantaloni siano inzuppati, proseguiamo il nostro cammino, lungo circa due ore. Prima tappa, la chiesa di Santa Maria Paganica, costruita nei primi anni del XIV secolo. Il sisma ha fatto crollare l’abside e l’intera copertura. L’interno è completamente occupato da sostegni e impalcature, ma l’acquasantiera solitaria che fiancheggia la porta d’ingresso parla di una devozione che ha compiuto centinaia di compleanni. Accanto alla chiesa, il settecentesco palazzo Ardinghelli.

L'Aquila, Duomo
I vicoli hanno registrato nelle pietre gli attimi del sisma. Le porte aperte di molte abitazioni lasciano intravedere massi e disordine. Alcune anfore sono cadute dal davanzale di un palazzo. Forse durante quella notte, forse dopo. Camminiamo tenendoci a debita distanza dagli edifici. Seconda tappa è il Duomo, nell’omonima piazza. Costruito nel XIII secolo, ha già subito i pesanti colpi del terremoto del Settecento. Attualmente è inagibile ed ha per copertura il cielo. Le piastrelle del pavimento fanno da «terreno» per alcune piante sbucate dal nulla. Il freddo penetra nelle ossa. Brividi dovuti alla maglietta inzuppata o a pensieri ballerini che si muovono davanti a queste immagini?

Santa Maria del Suffragio - La cupola senza cupola
La domanda rimbalza fra le pareti della chiesa di Santa Maria del Suffragio o delle Anime Sante, edificata nel XVIII secolo sempre in piazza Duomo. È la terza ed ultima tappa di questo viaggio nel cuore della città. Il terremoto ha causato il crollo quasi integrale della cupola. E il foro sul pavimento interno all’edificio ne è una conseguenza. Una parete provvisoria separa lo spazio aperto al pubblico da quello ancora inagibile.

Post-it lasciato sulla vetrina di un negozio
Le macerie non sono un’attrattiva turistica perché rappresentano la parte più intima del dolore degli aquilani. Camminare in «zona rossa» significa prendere coscienza di un dramma che non finisce dove comincia la ricostruzione. Alcuni edifici appartengono a tutti e non possono più raccontare la loro storia, se non per frammenti. È la storia di uomini e donne che sono nati e cresciuti qui. Di bambini e giovani che qui hanno visto il sole per la prima volta. È la storia di un amore per questa città lasciato scritto su un post-it: «L’Aquila bella me».
  

Anna Maria Colonna
annamaria9683@libero.it

 Lo stesso reportage si può leggere anche su L'Aquila blog (http://www.laquilablog.it/laquila-pomeriggio-in-zona-rossa/11146-0915/) e sul blog di Radio L'Aquila 1 (http://blog.rl1.it/?p=28772).

Raduno dei partecipanti nei pressi della Fontana luminosa
Chiesa di Santa Maria Paganica - esterno



Chiesa di Santa Maria Paganica - esterno


Chiesa di Santa Maria Paganica - esterno
Chiesa di Santa Maria Paganica - interno




Chiesa di Santa Maria Paganica - interno

Chiesa di Santa Maria Paganica - interno
L'Aquila, «zona rossa»
L'Aquila, «zona rossa»



L'Aquila, «zona rossa»
L'Aquila, «zona rossa» - Abitazioni abbandonate
L'Aquila, «zona rossa»



L'Aquila, «zona rossa»

L'Aquila, «zona rossa»


L'Aquila, «zona rossa»
L'Aquila, «zona rossa» - Abitazioni abbandonate
L'Aquila, «zona rossa»
L'Aquila, «zona rossa»






Post-it «Amarcord» sulla vetrina di un negozio chiuso
Duomo - interno



Duomo - interno

Duomo - interno




2 commenti:

  1. E' una ferita ancora aperta e sanguinante nel cuore profondo del nostro paese. Ogni testimonianza che ce la ricorda è un modo di tenere desta l'attenzione. Perchè solo con la consapevolezza che c'è ancora tanto da fare si può guarire e cambiare davvero. Grazie Anna Maria per averci fatto da "occhio" attento sull'Aquila, Fabio

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  2. Grazie a te, Fabio, per l'attenzione costante che dedichi al blog. Ho conosciuto molti aquilani nell'ultimo periodo, la forza che inconsapevolmente trasmettono è incredibile. Anche perché riescono a convivere con un ricordo che non cancelleranno con facilità, quello della notte del 6 aprile 2009. Io non ho vissuto il momento del sisma, ma se parlo con chi c'era, mi rendo conto di quanto futili siano le cose di cui ci lamentiamo quotidianamente. Polemizziamo sulle stupidaggini, leggiamo pagine e pagine di scandali e di battibecchi tra questo e quel politico e non ci accorgiamo che le cose da fare - concretamente - sono tante. Non si può dire al mondo solamente ciò che è stato fatto, ma anche quello che bisogna fare. Molti non sanno, tra l'altro, che a L'Aquila c'è ancora una "zona rossa". A presto.

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